Economia pianificata: significato e caratteristiche
L’economia pianificata è un modello in cui il mercato economico non è regolato dalla domanda e dall’offerta, ma dallo Stato. Questo sistema economico è stato sposato dai paesi socialisti e comunisti, per questo motivo l’economia socialista e l’economia comunista rientrano nell’economia pianificata.
In questo sistema economico lo Stato pianifica la produzione e la distribuzione dei beni. I prezzi sono anch’essi amministrati centralmente e non dalla domanda e dall’offerta, come accade nell’economia di mercato. Al contrario di quest’ultima nell’economia pianificata non c’è libera iniziativa economica, se non in casi molto limitati come i liberi professionisti o piccole aziende a base familiare, proprio perché il ciclo economico è amministrato dallo Stato e non dai privati.
Il primo caso di pianificazione dell’economia si è avuto con Iosif Stalin nell’URSS nel 1928. Dopo la seconda guerra mondiale tutti i Paesi che entrarono nella sfera d’influenza sovietica adottarono tale sistema economico.
Il dirigismo economico non è considerato parte dell’economia pianificata, ma dell’economia di mercato.
Compreso il significato dell’economia pianificata andiamo a vedere le sue caratteristiche.
Cos’è l’economia pianificata?
Questo sistema economico ha come caratteristica principale quella dell’amministrazione centralizzata da parte dello Stato di tutti i settori produttivi, come abbiamo già annunciato in apertura di articolo.
Secondo i teorici di questo sistema economico riducendo il consumo corrente di un bene optando invece per investimenti futuri si può generare crescita economica.
In questo sistema economico lo Stato decide quanto e come produrre un determinato bene e stabilisce quale fascia di consumatori può accedere a quello specifico bene calcolando le necessità della popolazione.
Dunque in questo contesto è lo Stato a creare la domanda e l’offerta di un bene e di un servizio. Esso può per esempio deliberatamente ridurre l’offerta anche in caso di aumento della domanda.
Non è contemplata la proprietà privata, o meglio essa può esserci, ma senza alcun potere decisionale in merito alla produzione dei beni.
Come funziona l’economia pianificata?
Nell’economia pianificata lo Stato ha una visione d’insieme completa e con una buona distribuzione dei lavoratori, a seconda delle necessità del Paese, si può combattere la disoccupazione. In un’economia pianificata infatti l’obiettivo non è il profitto del singolo, ma teoricamente vi è una migliore distribuzione della ricchezza.
Allo stesso tempo uno Stato con un’economia pianificata fallisce il suo obiettivo in caso di incompetenza della classe dirigente. Dal momento che è il solo Stato a decidere il ciclo produttivo, un suo eventuale errore può causare disastri economici. Inoltre in questo sistema economico sarebbe necessaria un’enorme e articolata macchina burocratica.
I consumatori di un Paese in cui vige l’economia pianificata hanno una limitatissima libertà individuale nella scelta del prodotto da acquistare e in assenza di concorrenza la qualità del prodotto potrebbe venire meno. Le aziende infatti non hanno alcun motivo di migliorare la qualità dei prodotti e adeguarsi all’avanzamento tecnologico in assenza di concorrenti che potrebbero vendere gli stessi prodotti.
Esempi storici di economie pianificate
Oltre all’Unione Sovietica, altri Paesi hanno adottato sistemi di economia pianificata nel corso del XX secolo. La Cina, sotto la guida di Mao Zedong, implementò una pianificazione centralizzata con il “Grande balzo in avanti”, un ambizioso programma volto a trasformare rapidamente il Paese da un’economia agraria a una industriale.
Tuttavia, questo piano portò a gravi carestie e problemi economici. Anche Cuba, dopo la rivoluzione del 1959, instaurò un’economia pianificata, nazionalizzando le industrie e centralizzando le decisioni economiche. Questi esempi evidenziano come l’applicazione dell’economia pianificata abbia avuto esiti diversi a seconda del contesto politico e sociale.
Transizione verso l’economia di mercato
Negli ultimi decenni, diversi Paesi con economie pianificate hanno intrapreso un processo di transizione verso l’economia di mercato. Ad esempio, negli anni ’90, le nazioni dell’ex blocco sovietico hanno avviato riforme economiche per introdurre meccanismi di mercato, privatizzare le imprese statali e liberalizzare i prezzi.
Questo processo, noto come “transizione economica”, è stato spesso accompagnato da sfide significative, tra cui inflazione elevata, disoccupazione e disuguaglianze sociali. La Cina, pur mantenendo un forte controllo statale, ha introdotto elementi di mercato nella sua economia a partire dalle riforme di Deng Xiaoping negli anni ’80, dando vita a un modello unico definito “socialismo con caratteristiche cinesi”.